2 Co 11, 21-27 Fatica prigioni percosse pericoli

(2 Co 11, 21-27) Fatica prigioni percosse pericoli
[21] Lo dico con vergogna; come siamo stati deboli! Però in quello in cui qualcuno osa vantarsi, lo dico da stolto, oso vantarmi anch'io. [22] Sono Ebrei? Anch'io! Sono Israeliti? Anch'io! Sono stirpe di Abramo? Anch'io! [23] Sono ministri di Cristo? Sto per dire una pazzia, io lo sono più di loro: molto di più nelle fatiche, molto di più nelle prigionie, infinitamente di più nelle percosse, spesso in pericolo di morte. [24] Cinque volte dai Giudei ho ricevuto i trentanove colpi; [25] tre volte sono stato battuto con le verghe, una volta sono stato lapidato, tre volte ho fatto naufragio, ho trascorso un giorno e una notte in balìa delle onde. [26] Viaggi innumerevoli, pericoli di fiumi, pericoli di briganti, pericoli dai miei connazionali, pericoli dai pagani, pericoli nella città, pericoli nel deserto, pericoli sul mare, pericoli da parte di falsi fratelli; [27] fatica e travaglio, veglie senza numero, fame e sete, frequenti digiuni, freddo e nudità. (CCC 2015) Il cammino della perfezione passa attraverso la croce. Non c'è santità senza rinuncia e senza combattimento spirituale [2Tm, 4]. Il progresso spirituale comporta l'ascesi e la mortificazione, che gradatamente conducono a vivere nella pace e nella gioia delle beatitudini: “Colui che sale non cessa mai di andare di inizio in inizio; non si è mai finito di incominciare. Mai colui che sale cessa di desiderare ciò che già conosce” [San Gregorio di Nissa, In Canticum, homilia 8: PG 44, 941]. (CCC 418) In conseguenza del peccato originale, la natura umana è indebolita nelle sue forze, sottoposta all'ignoranza, alla sofferenza, al potere della morte, e inclinata al peccato (inclinazione che è chiamata “concupiscenza”). (CCC 571) Il mistero pasquale della croce e della risurrezione di Cristo è al centro della Buona Novella che gli Apostoli, e la Chiesa dopo di loro, devono annunziare al mondo. Il disegno salvifico di Dio si è compiuto “una volta sola” (Eb 9,26) con la morte redentrice del Figlio suo Gesù Cristo. (CCC 572) La Chiesa resta fedele all’interpretazione di tutte le Scritture data da Gesù stesso sia prima, sia dopo la sua pasqua (Lc 24,27.44-45): “Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?” (Lc 24,26). Le sofferenze di Gesù hanno preso la loro forma storica concreta dal fatto che egli è stato “riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi” (Mc 8,31), i quali lo hanno consegnato “ai pagani perché sia schernito e flagellato e crocifisso” (Mt 20,19).

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