Gv 9, 18-34

Gv 9, 18-34

(Caritas in Veritate 1c) Gesù Cristo purifica e libera dalle nostre povertà umane la ricerca dell'amore e della verità e ci svela in pienezza l'iniziativa di amore e il progetto di vita vera che Dio ha preparato per noi. In Cristo, la carità nella verità diventa il Volto della sua Persona, una vocazione per noi ad amare i nostri fratelli nella verità del suo progetto. Egli stesso, infatti, è la Verità (cfr Gv 14,6).

Applicazioni tecnoscientifiche: rispetto dell'uomo riferimento centrale

(CDS 459) Punto di riferimento centrale per ogni applicazione scientifica e tecnica è il rispetto dell'uomo, che deve accompagnarsi ad un doveroso atteggiamento di rispetto nei confronti delle altre creature viventi. Anche quando si pensa a una loro alterazione, «occorre tener conto della natura di ciascun essere e della sua mutua connessione in un sistema ordinato» [962]. In questo senso, le formidabili possibilità della ricerca biologica suscitano profonda inquietudine, in quanto «non si è ancora in grado di misurare i turbamenti indotti in natura da una indiscriminata manipolazione genetica e dallo sviluppo sconsiderato di nuove specie di piante e forme di vita animale, per non parlare di inaccettabili interventi sulle origini della stessa vita umana» [963]. Infatti, «è constatato che l'applicazione di talune scoperte nell'ambito industriale ed agricolo produce, a lungo termine, effetti negativi. Ciò ha messo crudamente in rilievo come ogni intervento in un'area dell'ecosistema non possa prescindere dal considerare le sue conseguenze in altre aree e, in generale, sul benessere delle future generazioni» [964].

Note: [962] Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 34: AAS 80 (1988) 559. [963] Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1990, 7: AAS 82 (1990) 151, [964] Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1990, 6: AAS 82 (1990) 150.


(Gv 9, 18-34) Una cosa so: prima ero cieco e ora ci vedo

[18] Ma i Giudei non vollero credere di lui che era stato cieco e aveva acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. [19] E li interrogarono: "È questo il vostro figlio, che voi dite esser nato cieco? Come mai ora ci vede?". [20] I genitori risposero: "Sappiamo che questo è il nostro figlio e che è nato cieco; [21] come poi ora ci veda, non lo sappiamo, né sappiamo chi gli ha aperto gli occhi; chiedetelo a lui, ha l'età, parlerà lui di se stesso". [22] Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. [23] Per questo i suoi genitori dissero: "Ha l'età, chiedetelo a lui!". [24] Allora chiamarono di nuovo l'uomo che era stato cieco e gli dissero: "Dà gloria a Dio! Noi sappiamo che quest'uomo è un peccatore". [25] Quegli rispose: "Se sia un peccatore, non lo so; una cosa so: prima ero cieco e ora ci vedo". [26] Allora gli dissero di nuovo: "Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?". [27] Rispose loro: "Ve l'ho già detto e non mi avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?". [28] Allora lo insultarono e gli dissero: "Tu sei suo discepolo, noi siamo discepoli di Mosè! [29] Noi sappiamo infatti che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia". [30] Rispose loro quell'uomo: "Proprio questo è strano, che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. [31] Ora, noi sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma se uno è timorato di Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. [32] Da che mondo è mondo, non s'è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. [33] Se costui non fosse da Dio, non avrebbe potuto far nulla". [34] Gli replicarono: "Sei nato tutto nei peccati e vuoi insegnare a noi?". E lo cacciarono fuori.

(CDS 221) La famiglia si propone come spazio di quella comunione, tanto necessaria in una società sempre più individualistica, nel quale far crescere un'autentica comunità di persone [490] grazie all'incessante dinamismo dell'amore, che è la dimensione fondamentale dell'esperienza umana e che trova proprio nella famiglia un luogo privilegiato per manifestarsi: «L'amore fa sì che l'uomo si realizzi attraverso il dono sincero di sé: amare significa dare e ricevere quanto non si può né comperare né vendere, ma solo liberamente e reciprocamente elargire» [491]. Grazie all'amore, realtà essenziale per definire il matrimonio e la famiglia, ogni persona, uomo e donna, è riconosciuta, accolta e rispettata nella sua dignità. Dall'amore nascono rapporti vissuti all'insegna della gratuità, la quale «rispettando e favorendo in tutti e in ciascuno la dignità personale come unico titolo di valore, diventa accoglienza cordiale, incontro e dialogo, disponibilità disinteressata, servizio generoso, solidarietà profonda» [492]. L'esistenza di famiglie che vivono in tale spirito mette a nudo le carenze e le contraddizioni di una società orientata prevalentemente, se non esclusivamente, da criteri di efficienza e funzionalità. La famiglia, che vive costruendo ogni giorno una rete di rapporti interpersonali, interni ed esterni, si pone invece come «prima e insostituibile scuola di socialità, esempio e stimolo per i più ampi rapporti comunitari all'insegna del rispetto, della giustizia, del dialogo, dell'amore» [493].

Note: [490] Cfr. Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 18: AAS 74 (1982) 100-101. [491] Giovanni Paolo II, Lett. alle famiglie Gratissimam sane, 11: AAS 86 (1994) 883. [492] Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 43: AAS 74 (1982) 134. [493] Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 43: AAS 74 (1982) 134.

Sigle e Abbreviazioni: CDS: Pontificio Consiglio della giustizia e della pace, “Compendio della Dottrina sociale della Chiesa” LEV, 2004. DSC: Dottrina Sociale della Chiesa. CV: Benedetto XVI, Lettera Enciclica “Caritas in Veritate”, 29. 6. 2009.


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