Venerdì Santo – Passione del Signore ABC: “Egli è stato trafitto per le nostre colpe”
Venerdì Santo – Passione del Signore ABC: “Egli è stato trafitto per le nostre colpe”
Nella liturgia del Venerdì
santo, Cristo emerge come persona sofferente e morente per le nostre colpe.
Le Scritture ce lo presentano nell’immagine
del “Servo del Signore” (Is, 53), giusto
innocente, sfigurato dai dolori e straziato dalle sofferenze provocate dai nostri
peccati. Il suo atteggiamento è l’accettazione, per amore nostro, di tutte le sofferenze
e le umiliazioni, che raggiungono il loro culmine, in particolare, nella sua
dolorosissima passione e morte. Con esse ha liberato dal male e dal peccato e salvato
dalla morte eterna tutta l’umanità. In questo giorno, tuttavia, la sua morte in
croce non esprime lo scenario definitivo e finale, ma annuncia il passaggio
decisivo alla nuova e vera vita. La liturgia, quindi, ci aiuta a intravvedere la
gloria che si nasconde nella croce. Per Cristo, la sofferenza e morte in croce,
sono le vie e i mezzi del suo sacrificio
espiatorio con il quale salva, redime e santifica l’umanità che, fuorviata dal
peccato, giace nell’ombra della morte. La sua morte in croce, quindi, porta
luce all’umanità e conduce l’umanità alla luce. “Per crucem ad lucem”.
Ascoltiamo la Parola di Dio
Is 52, 13 – 53, 12: “52,13Ecco, il mio servo avrà
successo, sarà onorato, esaltato e innalzato grandemente. 14Come
molti si stupirono di lui - tanto era sfigurato per essere d'uomo il suo
aspetto e diversa la sua forma da quella dei figli dell'uomo - 15così
si meraviglieranno di lui molte nazioni; i re davanti a lui si chiuderanno la
bocca, poiché vedranno un fatto mai ad essi raccontato e comprenderanno ciò che
mai avevano udito. 53,1Chi avrebbe creduto al nostro annuncio? A chi
sarebbe stato manifestato il braccio del Signore? 2È cresciuto come
un virgulto davanti a lui e come una radice in terra arida. Non ha apparenza né
bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per poterci piacere. 3Disprezzato
e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno
davanti al quale ci si copre la faccia; era disprezzato e non ne avevamo alcuna
stima. 4Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è
addossato i nostri dolori e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e
umiliato. 5Egli è stato trafitto per le nostre colpe, schiacciato
per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui;
per le sue piaghe noi siamo stati guariti. 6Noi tutti eravamo
sperduti come un gregge, ognuno di noi seguiva la sua strada; il Signore fece
ricadere su di lui l'iniquità di noi tutti. 7Maltrattato, si lasciò
umiliare e non aprì la sua bocca; era come agnello condotto al macello, come
pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca. 8Con
oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo; chi si affligge per la sua
posterità? Sì, fu eliminato dalla terra dei viventi, per la colpa del mio
popolo fu percosso a morte. 9Gli si diede sepoltura con gli empi,
con il ricco fu il suo tumulo, sebbene non avesse commesso violenza né vi fosse
inganno nella sua bocca. 10Ma al Signore è piaciuto prostrarlo con
dolori. Quando offrirà se stesso in sacrificio di riparazione, vedrà una
discendenza, vivrà a lungo, si compirà per mezzo suo la volontà del Signore. 11Dopo
il suo intimo tormento vedrà la luce e si sazierà della sua conoscenza; il
giusto mio servo giustificherà molti, egli si addosserà le loro iniquità. 12Perciò
io gli darò in premio le moltitudini, dei potenti egli farà bottino, perché ha
spogliato se stesso alla morte ed è stato annoverato fra gli empi, mentre egli
portava il peccato di molti e intercedeva per i colpevoli”.
Eb 4, 14-16;
5, 7-9: “Fratelli, 14poiché dunque abbiamo un sommo
sacerdote grande, che è passato attraverso i cieli, Gesù il Figlio di Dio,
manteniamo ferma la professione della fede. 15Infatti non abbiamo un
sommo sacerdote che non sappia prendere parte alle nostre debolezze: egli stesso
è stato messo alla prova in ogni cosa, come noi, escluso il peccato. 16Accostiamoci
dunque con piena fiducia al trono della grazia, per ricevere misericordia e
trovare grazia, così da essere aiutati al momento opportuno. 5,7Cristo,
infatti, nei giorni della sua vita terrena, offrì preghiere e suppliche con
forti grida e lacrime a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno
abbandono a lui, venne esaudito. 8Pur essendo Figlio, imparò
l'obbedienza da ciò che patì 9e, reso perfetto, divenne causa di
salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono”.
Indicazioni per la lettura della Passione di N.S. Gesù Cristo secondo Giovanni
Secondo l’apostolo ed evangelista Giovanni, la narrazione
della passione e morte del Signore, pur rimanendo nel solco della tradizione
testimoniata dagli altri evangelisti, presenta alcune caratteristiche, proprie
del quarto Vangelo, che si
distinguono per la loro particolare profondità. Ricordiamone alcune. Vi è il
dialogo sulla verità, con il quale Gesù cerca invano di illuminare Pilato. Vi è
la tragica presentazione di Gesù, che Pilato sbriga con un ironico e superficiale:
“Ecce Homo”. Vi è il particolare
della tunica che non può essere divisa e che alcuni Padri della Chiesa videro come
segno dell’unità della Chiesa. Ai piedi della croce vi è il duplice e
commovente affidamento della Madre al discepolo e del discepolo alla Madre. Vi
è la grandiosa descrizione della trafittura del costato di Gesù, che riversa
sul mondo l’ultimo sangue e acqua, interpretati come segni dell’Eucaristia e
del Battesimo. Giovanni descrive con grande precisione e splendidamente gli eventi
storici, concreti, tangibili e visibili, che aprono il nostro sguardo all’orizzonte
dell’invisibile, ossia dei misteri trascendenti della nostra salvezza.
Gv 18, 1 – 19, 42 (Si raccomanda di leggere la Passione di
Gesù direttamente dal Vangelo)
Meditiamo con l’aiuto dello Spirito Santo
L’azione liturgica del Venerdì
Santo, denominata “Passione del
Signore” presenta il suo vertice nel racconto della Passione secondo Il Vangelo
di Giovanni. Il Cristo che, nel libro
di Isaia è preannunciato come Servo del
Signore, nel quarto Vangelo diviene
il Vero Unico Sacerdote che salva e
santifica, mediante l’offerta e il sacrificio di se stesso al Padre. Il testo
d’Isaia (52, 13-53) indica la morte e la Passione di Cristo, come indica un’interpretazione
antichissima, riferita anche nel testo degli Atti degli Apostoli, dall’episodio di Filippo che evangelizza
l’eunuco etiope (8, 26,40). Nel Venerdì
Santo la Chiesa si raduna per ricordare la morte dolorosa di Gesù, nella
prospettiva espressa dal Padre: “Il mio
servo avrà successo, sarà onorato, esaltato e molto innalzato”. In Gesù
inchiodato e crocifisso, essa vede la massima realtà di gloria, e nella sua Croce
indica il trono d’amore che salva. Alla luce di questa fede,
Giovanni presenta
tre dimensioni attuate da Cristo mediante la sua crocifissione: l’Elevazione, la Risurrezione, e l’Ascensione
al Padre. Nel Venerdì Santo la
liturgia approfondisce, in particolare, l’agonia della crocefissione nella
quale Gesù, il servo umile e fedele, è talmente sfigurato da non avere neppure
più un aspetto umano. Egli, Parola eterna
del Padre ha voluto assumere non solo la povertà della nostra carne umana,
ma anche l’umiliazione della morte, nella sua forma più atroce e nell’aspetto
più disumano. Le predizioni della Scrittura
annunciavano che davanti a lui le nazioni si sarebbero stupite e meravigliate. Nei
fatti, però, tale stupore e meraviglia assunsero opposte forme. Vi sono persone
e nazioni che si meravigliano e si convertono, mentre altre, invece, si stupiscono
e si allontanano.
Tali comportamenti continuano a ripetersi nelle persone, comunità
e culture di ogni tempo. Esse riguardano l’intimo e il profondo di ciascuno di
noi. Nel Venerdì Santo, il collocarci
in orazione di fronte alla Croce e
alla Passione, suscita in noi i più
diversi atteggiamenti: sofferenza e gioia, umiliazione e gloria, dolore e pace.
La parola profetica e la contemplazione liturgica mostrano come la tragica
figura del Crocifisso sia densa di significati dolcissimi: si è caricato delle nostre sofferenze; si è addossato i nostri dolori;
siamo stati guariti per le sue piaghe.
Profezie e Vangeli descrivono gli atteggiamenti
di Gesù durante la sua Passione: “maltrattato
si lasciò umiliare”, “era come
agnello condotto al macello”, “non
aprì la sua bocca”. Per questo il Padre ha promesso: “quando offrirà se stesso in sacrificio di riparazione vedrà una
discendenza, vivrà a lungo”. Promesse straordinarie perfettamente
realizzate. La sua discendenza sono gli
innumerevoli credenti in lui. Il suo vivere
a lungo è la vita eterna che il Padre gli ha reso risuscitandolo da morte.
Il suo destino di gloria è lo
splendore della sua Risurrezione e le moltitudini adoranti che lo seguono. Mentre
portava su di sé i peccati delle moltitudini, supplicava per i colpevoli e intercedeva
per i suoi nemici.
Nel Venerdì Santo,
la liturgia della “Passione del Signore”
esprime tre grandi momenti: liturgia
della parola, adorazione della Santa
Croce, comunione eucaristica. Unendoli
insieme, la Chiesa consente a tutti noi di contemplare
e adorare la gloria divina del Cristo, nascosta nella sua Croce.
Preghiamo con la Liturgia della Chiesa
La prima delle orazioni c’invita a chiedere la protezione
del Padre, che ci ha liberati dalla morte, affinché siamo rinnovati nel suo
Figlio: “Ricordati, Padre, della tua
misericordia; santifica e proteggi sempre questa tua famiglia per la quale
Cristo, tuo Figlio, inaugurò nel suo sangue il mistero pasquale”.
Nella seconda
orazione domandiamo di poter aggiungere alla nostra immagine di esseri terreni
anche quella dell’uomo celeste: “O Dio,
che nella passione del Cristo nostro Signore ci hai liberati dalla morte,
eredità dell’antico peccato trasmessa a tutto il genere umano, rinnovaci a
somiglianza del tuo Figlio; e come abbiamo portato in noi, per la nostra
nascita, l’immagine dell’uomo terreno, così per l’azione del tuo Spirito, fa’
che portiamo l’immagine dell’uomo celeste”.
L’orazione finale invoca dalla
misericordia di Dio, per la gloriosa morte e risurrezione del suo Figlio, la
grazia di poterci consacrare al suo servizio: “Dio onnipotente ed eterno, che hai rinnovato il mondo con la gloriosa
morte e risurrezione del tuo Cristo, conserva in noi l’opera della tua
misericordia, perché la partecipazione a questo grande mistero ci consacri per
sempre al tuo servizio”.
Gualberto Gismondi ofm