Matteo 23,1-12 ipocrisia e vanità di scribi e farisei

Ipocrisia e vanità di scribi e farisei
(Mt 23,1-12) Allora Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo: "Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Quanto vi dicono, fatelo e osservatelo, ma non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno. Legano infatti pesanti fardelli e li impongono sulle spalle della gente, ma loro non vogliono muoverli neppure con un dito. Tutte le opere le fanno per essere ammirati dagli uomini: allargano i loro filatteri e allungano le frange; amano posti d'onore nei conviti, i primi seggi nelle sinagoghe e i saluti nelle piazze, come anche sentirsi chiamare 'rabbi' dalla gente. Ma voi non fatevi chiamare 'rabbi', perché uno solo è il vostro maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate nessuno 'padre' sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello del cielo. E non fatevi chiamare 'maestri' perché uno solo è il vostro Maestro, il Cristo. Il più grande tra voi sia vostro servo; chi invece si innalzerà sarà abbassato e chi si abbasserà sarà esaltato". (CCC n. 1790) L'essere umano deve sempre obbedire al giudizio certo della propria coscienza. Se agisse deliberatamente contro tale giudizio, si condannerebbe sa sé. Ma accade che la coscienza morale sia nell'ignoranza e dia giudizi erronei su azioni da compiere o già compiute. (CCC n. 1791) Questa ignoranza è spesso imputabile alla responsabilità personale. Ciò avviene "quando l'uomo non si cura di cercare la verità e il bene, e quando la coscienza diventa quasi cieca in seguito all'abitudine al peccato (GS, 57)". In tali casi la persona è colpevole del male che commette. (CCC n. 1792) All'origine delle deviazioni del giudizo della condotta morale possono esservi la non conoscenza di Cristo e del suo Vangelo, i cattivi esempi dati dagli altri, la schiavitù delle passioni, la pretesa di una malintesa autonomia della coscienza, il rifiuto dell'autorità della Chiesa e del suo insegnamento, la mancanza di conversione e di carità. (CCC n. 1794) La coscienza buona e pura è illuminata dalla fede sincera, Infatti la carità "sgorga", ad un tempo, "da un cuore puro, da una buona coscienza e da una fede sincera" (1 Tm 1,5; 3,9; 2 Tm 1,3; 1 Pt 3,21; At 24,16). (CCC n. 1785) Nella formazione della coscienza la Parola di Dio è la luce sul nostro cammino; la dobbiamo assimilare nella fede e nella preghiera e mettere in pratica. Dobbiamo anche esaminare la nostra coscienza rapportandoci alla croce del Signore. Siamo sorretti dai doni dello Spirito Santo, aiutati dalla testimonianza o dai consigli altrui, e guidati dall'insegnamento certo della Chiesa.

Post più popolari