Matteo 23,13-22 Gesù rimprovera scribi e farisei

Gesù rimprovera scribi e farisei: ipocrisia, avidità, spergiuro
(Mt 23,13-22) "Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che chiudete il regno dei cieli davanti agli uomini; perché così voi non vi entrate, e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrarci. Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che percorrete il mare e la terra per fare un solo proselito e, ottenutolo, lo rendete figlio della Geenna, il doppio di voi. Guai a voi, guide cieche, che dite: Se si giura per il tempio non vale, ma se si giura per l'oro del tempio si è obbligati. Stolti e ciechi: che cosa è più grande, l'oro o il tempio che rende sacro l'oro? E dite ancora: Se si giura per l'altare non vale, ma se si giura per l'offerta che vi sta sopra, si resta obbligati. Ciechi! che cosa è più grande, l'offerta o l'altare che rende sacra l'offerta? Ebbene chi giura per l'altare, giura per l'altare e per quanto vi sta sopra; e chi giura per il tempio, giura per il tempio e per Colui che l'abita. E chi giura per il cielo, giura per il trono di Dio e per Colui che vi è assiso". (CCC n. 2150) Il secondo comandamento proibisce il falso giuramento. Fare promessa solenne o giurare è prendere Dio come testimone di ciò che si afferma. E' invocare la veracità divina a garanzia della propria veracità. Il giuramento impegna il nome del Signore. "Temerai il Signore Dio tuo, lo servirai e giurerai per il suo nome" (Dt 6,13). (CCC n. 2153) Gesù ha esposto il secondo comandamento nel discorso della montagna: "Avete inteso che fu detto agli antichi: non spergiurare, ma adempi con il Signore i tuoi giuramenti! Ma io vi dico: non giurate affatto [...]. Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno" (Mt 5,33-34. 37; Gc 5,12). Gesù insegna che ogni giuramento implica un riferimento a Dio e che la presenza di Dio e della sua verità deve essere onorata in ogni parola. La discrezione del ricorso a Dio nel parlare procede di pari passo con l'attenzione rispettosa per la sua presenza, testimoniata o schernita, in ogni nostra affermazione. (CCC n. 2154) [...] "Il giuramento, ossia l'invocazione del nome di Dio a testimonianza della verità, non può essere prestato se non secondo verità, prudenza e giustizia". (CCC n. 2155) La santità del nome divino esige che non si faccia ricorso ad esso per cose futili e che non si presti giuramento in quelle circostanze in cui esso potrebbe essere interpretato come un'approvazione del potere da cui ingiustamente venisse richiesto. Quando il giuramento è esigito da autorità civili illegittime, può essere rifiutato. Deve esserlo allorché è richiesto per fini contrari alla dignità delle persone o alla comunità ecclesiale.

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