Matteo 24,45-51 parabola del servo fedele o infedele

Parabola del servo fedele o infedele
(Mt 24,45-51) "Qual è dunque il servo fidato e prudente che il padrone ha preposto ai suoi domestici con l'incarico di dar loro il cibo al tempo dovuto? Beato quel servo che il padrone al suo ritorno troverà ad agire così! In verità vi dico: gli affiderà l'amministrazione di tutti i suoi beni. Ma se questo servo malvagio dicesse in cuor suo: Il mio padrone tarda a venire, e cominciasse a percuotere i suoi compagni e a mangiare con gli ubriaconi, arriverà il padrone quando il servo non se l'aspetta e nell'ora che non sa, lo punirà con rigore e gli infliggerà la sorte che gli ipocriti si meritano: e là sarà pianto e stridore di denti". (CCC n. 1021) La morte pone fine alla vita dell'uomo come tempo aperto all'accoglienza o al rifiuto della grazia divina apparsa in Cristo (2 Tm 1,9-10). Il Nuovo Testamento parla del giudizio principalmente nella prospettiva dell'incontro finale con Cristo alla sua seconda venuta, ma afferma anche, a più riprese, l'immediata retribuzione che, dopo la morte, sarà data a ciascuno in rapporto alle sue opere e alla sua fede. La parabola del povero Lazzaro (Lc 16,22) e la parola detta da Cristo in croce al buon ladrone (Lc 23,43) così come altri testi del Nuovo Testamento (2 Cor 5,8; Fil 1,23; Eb 9,27; 12,23) parlano di una sorte ultima dell'anima (Mt 16,26) che può essere diversa per le une e per le altre. (CCC n.1051) Ogni uomo riceve nella sua anima immortale la propria retribuzione eterna fin dalla sua morte, in un giudizio particolare ad opera di Cristo, giudice dei vivi e dei morti.

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