1 Cor 16, 20-24 Vieni Signore Gesù: Marana tha

(1 Cor 16, 20-24) Vieni Signore Gesù: Marana tha
[20] Vi salutano i fratelli tutti. Salutatevi a vicenda con il bacio santo. [21] Il saluto è di mia mano, di Paolo. [22] Se qualcuno non ama il Signore sia anàtema. Marana tha: vieni, o Signore! [23] La grazia del Signore Gesù sia con voi. [24] Il mio amore con tutti voi in Cristo Gesù! (CCC 451) La preghiera cristiana è contrassegnata dal titolo “Signore”, sia che si tratti dell'invito alla preghiera: “Il Signore sia con voi”, sia della conclusione della preghiera: “Per il nostro Signore Gesù Cristo”, o anche del grido pieno di fiducia e di speranza: “Maran atha” (“Il Signore viene!”), oppure “Marana tha” (“Vieni, Signore!”) (1Cor 16,22), “Amen, vieni, Signore Gesù!” (Ap 22,20). (CCC 671) Già presente nella sua Chiesa, il regno di Cristo non è tuttavia ancora compiuto “con potenza e gloria grande (Lc 21,27) [Mt 25,31] mediante la venuta del Re sulla terra. Questo regno è ancora insidiato dalle potenze inique [2Ts 2,7], anche se esse sono già state vinte radicalmente dalla pasqua di Cristo. Fino al momento in cui tutto sarà a lui sottomesso [1Cor 15,28], “fino a che non vi saranno i nuovi cieli e la terra nuova, nei quali la giustizia ha la sua dimora, la Chiesa pellegrinante, nei suoi sacramenti e nelle sue istituzioni, che appartengono all'età presente, porta la figura fugace di questo mondo, e vive tra le creature, le quali sono in gemito e nel travaglio del parto sino ad ora e attendono la manifestazione dei figli di Dio” [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 48]. Per questa ragione i cristiani pregano, soprattutto nell'Eucaristia [1Cor 11,26], per affrettare il ritorno di Cristo [2Pt 3,11-12] dicendogli: “Vieni, Signore (Ap 22,20) [1Cor 16,22; Ap 22,17]. (CCC 1130) La Chiesa celebra il mistero del suo Signorefinché egli venga” (1Cor 11,26) e “Dio sia tutto in tutti” (1Cor 15,28). Dall'età apostolica la liturgia è attirata verso il suo fine dal gemito dello Spirito nella Chiesa: “Marana tha!” (1Cor 16,22). La liturgia condivide così il desiderio di Gesù: “Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi, […] finché essa non si compia nel regno di Dio” (Lc 22,15-16). Nei sacramenti di Cristo la Chiesa già riceve la caparra della sua eredità, già partecipa alla vita eterna, pur “nell'attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e Salvatore Gesù Cristo” (Tt 2,13). “Lo Spirito e la Sposa dicono: Vieni! [...]. Vieni, Signore Gesù!” (Ap 22,17.20). San Tommaso riassume così le diverse dimensioni del segno sacramentale: “Il sacramento è segno commemorativo del passato, ossia della passione del Signore; è segno dimostrativo del frutto prodotto in noi dalla sua passione, cioè della grazia; è segno profetico, che preannunzia la gloria futura” [San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, III, 60, 3]. (CCC 1403) Nell'ultima Cena il Signore stesso ha fatto volgere lo sguardo dei suoi discepoli verso il compimento della pasqua nel regno di Dio: “Io vi dico che da ora non berrò più di questo frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi nel regno del Padre mio” (Mt 26,29) [Lc 22,18; Mc 14,25]. Ogni volta che la Chiesa celebra l'Eucaristia, ricorda questa promessa e il suo sguardo si volge verso “Colui che viene” (Ap 1,4). Nella preghiera, essa invoca la sua venuta: “Marana tha” (1Cor 16,22), “Vieni, Signore Gesù” (Ap 22,20), “Venga la tua grazia e passi questo mondo!” [Didaché, 10, 6].

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