Is 53, 12 Gli darò in premio le moltitudini

(Is 53, 12) Gli darò in premio le moltitudini
[12] Perciò io gli darò in premio le moltitudini, dei potenti egli farà bottino, perché ha consegnato se stesso alla morte ed è stato annoverato fra gli empi, mentre egli portava il peccato di molti e intercedeva per i peccatori.
(CCC 601) Questo disegno divino di salvezza attraverso la messa a morte del “Servo Giusto” [Is 53,11; At 3,14] era stato anticipatamente annunziato nelle Scritture come un mistero di redenzione universale, cioè di riscatto che libera gli uomini dalla schiavitù del peccato [Is 53,11-12; Gv 8,34-36]. San Paolo professa, in una confessione di fede che egli dice di avere “ricevuto” (1Cor 15,3), che “Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture” (1Cor 15,3; cf. At 3,18; 7,52; 13,29; At 26,22-23). La morte redentrice di Gesù compie in particolare la profezia del Servo sofferente [Is 53,7-8; At 8,32-35]. Gesù stesso ha presentato il senso della sua vita e della sua morte alla luce del Servo sofferente [Mt 20,28]. Dopo la Risurrezione, egli ha dato questa interpretazione delle Scritture ai discepoli di Emmaus, [Lc 24,25-27] poi agli stessi Apostoli [Lc 24,44-45]. (CCC 713) I tratti del Messia sono rivelati soprattutto nei canti del Servo [Is 42,1-9; Mt 12,18-21; Gv 1,32-34, e anche Is 49,1-6; Mt 3,17; Lc 2,32, e infine Is 50,4-10 e 52,13-15; 53,12]. Questi canti annunziano il significato della passione di Gesù, e indicano così in quale modo egli avrebbe effuso lo Spirito Santo per vivificare la moltitudine: non dall'esterno, ma assumendo la nostra “condizione di servi” [Fil 2,7]. Prendendo su di sé la nostra morte, può comunicarci il suo Spirito di vita.

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