116. Gesù ha contraddetto la fede d'Israele nel Dio unico e salvatore?


116. Gesù ha contraddetto la fede d'Israele nel Dio unico e salvatore?

(Comp 116) Gesù non ha mai contraddetto la fede in un Dio unico, neppure quando compiva l'opera divina per eccellenza che adempiva le promesse messianiche e lo rivelava uguale a Dio: il perdono dei peccati. La richiesta di Gesù di credere in lui e di convertirsi permette di capire la tragica incomprensione del Sinedrio che ha stimato Gesù meritevole di morte perché bestemmiatore.

“In Sintesi”
(CCC 594) Gesù ha compiuto azioni, quale il perdono dei peccati, che lo hanno rivelato come il Dio Salvatore [Gv 5,16-18]. Alcuni Giudei, i quali non riconoscevano il Dio fatto uomo [Gv 1,14], ma vedevano in lui “un uomo” che si faceva “Dio” (Gv 10,33), l'hanno giudicato un bestemmiatore.

Approfondimenti e spiegazioni
(CCC 587) Se la Legge e il Tempio di Gerusalemme hanno potuto essere occasione di “contraddizione” [Lc 2,34] da parte di Gesù per le autorità religiose di Israele, è però il suo ruolo nella redenzione dei peccati, opera divina per eccellenza, a rappresentare per costoro la vera pietra d'inciampo [Lc 20,17-18; Sal 118,22]. (CCC 588) Gesù ha scandalizzato i farisei mangiando con i pubblicani e i peccatori [Lc 5,30] con la stessa familiarità con cui pranzava con loro [Lc 7,36; 11,37; Lc 14,1]. Contro quelli tra i farisei “che presumevano di essere giusti e disprezzavano gli altri” (Lc 18,9; cf. Gv 7,49; 9,34). Gesù ha affermato: “Io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori a convertirsi” (Lc 5,32). Si è spinto oltre, proclamando davanti ai farisei che, essendo il peccato universale [Gv 8,33-36], coloro che presumono di non aver bisogno di salvezza, sono ciechi sul proprio conto [Gv 9,40-41]. (CCC 589) Gesù ha suscitato scandalo soprattutto per aver identificato il proprio comportamento misericordioso verso i peccatori con l'atteggiamento di Dio stesso a loro riguardo [Mt 9,13; Os 6,6]. È arrivato a lasciar intendere che, sedendo a mensa con i peccatori [Lc 15,1-2], li ammetteva al banchetto messianico [Lc 15,23-32]. Ma è soprattutto perdonando i peccati, che Gesù ha messo le autorità religiose di Israele di fronte a un dilemma. Infatti, come costoro, inorriditi, giustamente affermano, solo Dio può rimettere i peccati [Mc 2,7]. Perdonando i peccati, Gesù o bestemmia perché è un uomo che si fa uguale a Dio [Gv 5,18; 10,33], oppure dice il vero e la sua persona rende presente e rivela il nome di Dio [Gv 17,6; 17,26].

Per la riflessione
(CCC 590) Soltanto l'identità divina della Persona di Gesù può giustificare un'esigenza assoluta come questa: “Chi non è con me è contro di me” (Mt 12,30); altrettanto quando egli dice che in lui c'è “più di Giona, […] più di Salomone” (Mt 12,41-42), “c'è qualcosa più grande del Tempio” (Mt 12,6); quando ricorda, a proprio riguardo, che Davide ha chiamato il Messia suo Signore [Mt 12,36; 12,37], e quando afferma: “Prima che Abramo fosse, Io Sono” (Gv 8,58); e anche: “Io e il Padre siamo una cosa sola” (Gv 10,30). (CCC 591) Gesù ha chiesto alle autorità religiose di Gerusalemme di credere in lui a causa delle opere del Padre che egli compiva [Gv 10,36-38]. Un tale atto di fede, però, doveva passare attraverso una misteriosa morte a se stessi per una rinascita dall'alto (Gv 3,7), sotto lo stimolo della grazia divina [Gv 6,44]. Una simile esigenza di conversione di fronte a un così sorprendente compimento delle promesse [Is 53,1] permette di capire il tragico disprezzo del sinedrio che ha stimato Gesù meritevole di morte perché bestemmiatore [Mc 3,6; Mt 26,64-66]. I suoi membri agivano così per “ignoranza” [Lc 23,34; At 3,17-18] e al tempo stesso per l’indurimento [Mc 3,5; Rm 11,25] dell'incredulità [Rm 11,20].

(Prossima domanda: Chi è responsabile della morte di Gesù?)

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