Lc 10, 38-42

Lc 10, 38-42

(Caritas in Veritate 42 c) Nonostante alcune sue dimensioni strutturali che non vanno negate ma nemmeno assolutizzate, «la globalizzazione, a priori, non è né buona né cattiva. Sarà ciò che le persone ne faranno» [104]. Non dobbiamo esserne vittime, ma protagonisti, procedendo con ragionevolezza, guidati dalla carità e dalla verità. Opporvisi ciecamente sarebbe un atteggiamento sbagliato, preconcetto, che finirebbe per ignorare un processo contrassegnato anche da aspetti positivi, con il rischio di perdere una grande occasione di inserirsi nelle molteplici opportunità di sviluppo da esso offerte.

[104] Giovanni Paolo II, Discorso alla Pontificia Accademia delle Scienze Sociali (27 aprile 2001): Insegnamenti XXIV, 1 (2001), 800.

In alcune circostanze lo Stato può esercitare funzioni di supplenza

(CDS 188) Diverse circostanze possono consigliare che lo Stato eserciti una funzione di supplenza [401]. Si pensi, ad esempio, alle situazioni in cui è necessario che lo Stato stesso promuova l'economia, a causa dell'impossibilità per la società civile di assumere autonomamente l'iniziativa; si pensi anche alle realtà di grave squilibrio e ingiustizia sociale, in cui solo l'intervento pubblico può creare condizioni di maggiore eguaglianza, di giustizia e di pace. Alla luce del principio di sussidiarietà, tuttavia, questa supplenza istituzionale non deve prolungarsi ed estendersi oltre lo stretto necessario, dal momento che trova giustificazione soltanto nell'eccezionalità della situazione. In ogni caso, il bene comune correttamente inteso, le cui esigenze non dovranno in alcun modo essere in contrasto con la tutela e la promozione del primato della persona e delle sue principali espressioni sociali, dovrà rimanere il criterio di discernimento circa l'applicazione del principio di sussidiarietà.

Note: [401] Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 48: AAS 83 (1991) 852-854.


(Lc 10, 38-42) Il lavoro non impedisca il culto dovuto a Dio

[38] Mentre erano in cammino, entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo accolse nella sua casa. [39] Essa aveva una sorella, di nome Maria, la quale, sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola; [40] Marta invece era tutta presa dai molti servizi. Pertanto, fattasi avanti, disse: "Signore, non ti curi che mia sorella mi ha lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti". [41] Ma Gesù le rispose: "Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, [42] ma una sola è la cosa di cui c'è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta".

(CDS 284) Il riposo festivo è un diritto [609]. Dio «cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro» (Gen 2,2): anche gli uomini, creati a Sua immagine, devono godere di sufficiente riposo e tempo libero che permetta loro di curare la vita familiare, culturale, sociale e religiosa [610]. A ciò contribuisce l'istituzione del giorno del Signore [611]. I credenti, durante la domenica e negli altri giorni festivi di precetto, devono astenersi da «lavori o attività che impediscano il culto dovuto a Dio, la letizia propria del giorno del Signore, la pratica delle opere di misericordia e la necessaria distensione della mente e del corpo» [612]. Necessità familiari o esigenze di utilità sociale possono legittimamente esentare dal riposo domenicale, ma non devono creare abitudini pregiudizievoli per la religione, la vita di famiglia e la salute.

Note: [609] Cfr. Giovanni Paolo II, Laborem exercens, 19: AAS 73 (1981) 625-629; Id., Centesimus annus, 9: AAS 83 (1991) 804. [610] Cfr. Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 67: AAS 58 (1966) 1088-1089. [611] Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2184. [612] Ibid., 2185.

Sigle e Abbreviazioni: CDS: Pontificio Consiglio della giustizia e della pace, “Compendio della Dottrina sociale della Chiesa” LEV, 2004. DSC: Dottrina Sociale della Chiesa. CV: Benedetto XVI, Lettera Enciclica “Caritas in Veritate”, 29. 6. 2009.


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