Gaudium et spes n. 10 e commento CCC
10. Gli interrogativi più profondi del genere umano.
Profondo squilibrio radicato nel cuore dell'uomo
[n. 10a] In verità gli squilibri di cui soffre il mondo
contemporaneo si collegano con quel più profondo squilibrio che è radicato nel
cuore dell'uomo. È proprio all'interno dell'uomo che molti elementi si
combattono a vicenda. Da una parte infatti, come creatura, esperimenta in mille
modi i suoi limiti; d'altra parte sente di essere senza confini nelle sue
aspirazioni e chiamato ad una vita superiore. Sollecitato da molte attrattive,
è costretto sempre a sceglierne qualcuna e a rinunziare alle altre. Inoltre,
debole e peccatore, non di rado fa quello che non vorrebbe e non fa quello che
vorrebbe (4).
Note: (4)
Cf. Rm 7,14ss.
(CCC 208) Di fronte alla presenza affascinante e
misteriosa di Dio, l'uomo scopre la propria piccolezza. Davanti al roveto ardente,
Mosè si toglie i sandali e si vela il viso [Es 3,5-6] al cospetto della santità
divina. Davanti alla gloria del Dio tre volte santo, Isaia esclama: “Ohimè! Io
sono perduto, perché un uomo dalle labbra impure io sono” (Is 6,5). Davanti ai
segni divini che Gesù compie, Pietro esclama: “Signore, allontanati da me che
sono un peccatore” (Lc 5,8). Ma poiché Dio è santo, può perdonare all'uomo che
davanti a lui si riconosce peccatore: “Non darò sfogo all'ardore della mia ira
[…], perché sono Dio e non uomo, sono il Santo in mezzo a te” (Os 11,9). Anche
l'apostolo Giovanni dirà: “Davanti a lui rassicureremo il nostro cuore,
qualunque cosa esso ci rimproveri. Dio è più grande del nostro cuore e conosce
ogni cosa” (1Gv 3,19-20). (CCC 386) Nella
storia dell'uomo è presente il peccato: sarebbe vano cercare di ignorarlo o di
dare altri nomi a questa oscura realtà. Per tentare di comprendere che cosa sia
il peccato, si deve innanzi tutto riconoscere il profondo legame dell'uomo con Dio, perché, al di fuori di questo
rapporto, il male del peccato non può venire smascherato nella sua vera
identità di rifiuto e di opposizione a Dio, mentre continua a gravare sulla
vita dell'uomo e sulla storia. (CCC 387) La
realtà del peccato, e più particolarmente del peccato delle origini, si
chiarisce soltanto alla luce della rivelazione divina. Senza la conoscenza di
Dio che essa ci dà, non si può riconoscere chiaramente il peccato, e si è
tentati di spiegarlo semplicemente come un difetto di crescita, come una
debolezza psicologica, un errore, come l'inevitabile conseguenza di una
struttura sociale inadeguata, ecc. Soltanto conoscendo il disegno di Dio
sull'uomo, si capisce che il peccato è un abuso di quella libertà che Dio dona
alle persone create perché possano amare lui e amarsi reciprocamente.