Gaudium et spes n. 48 e commento CCC



48. Santità del matrimonio e della famiglia

Vedovanza continuazione della vocazione coniugale

[n. 48i] La vedovanza, accettata con coraggio come continuazione della vocazione coniugale sia onorata da tutti (113).

Note: (113) Cf. PIO XI, Encicl. Casti Connubii: AAS 22 (1930), p. 583.

 (CCC 922) Fin dai tempi apostolici, ci furono vergini [1Cor 7,34-36) e vedove [Giovanni Polo II, Esort. Ap. Vita consecrata, 7] cristiane che, chiamate dal Signore a dedicarsi esclusivamente a lui in una maggiore libertà di cuore, di corpo e di spirito, hanno preso la decisione, approvata dalla Chiesa, di vivere nello stato rispettivamente di verginità o di castità perpetua “per il Regno dei cieli” (Mt 19,12). (CCC 2349) “La castità deve distinguere le persone nei loro differenti stati di vita: le une nella verginità o nel celibato consacrato, un modo eminente di dedicarsi più facilmente a Dio solo, con cuore indiviso; le altre, nella maniera quale è determinata per tutti dalla legge morale e secondo che siano sposate o celibi” [Congregazione per la Dottrina della Fede, Dich. Persona humana, 11]. Le persone sposate sono chiamate a vivere la castità coniugale; le altre praticano la castità nella continenza: “Ci sono tre forme della virtù di castità: quella degli sposi, quella della vedovanza, infine quella della verginità. Non lodiamo l'una escludendo le altre. […] Sotto questo aspetto, la disciplina della Chiesa è ricca [Sant'Ambrogio, De viduis, 23: PL 16, 241-242].

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