DEI VERBUM 19 e Commento CCC
Carattere storico dei Vangeli
(DV 19 b2) con quella più completa intelligenza delle
cose, di cui essi, ammaestrati dagli eventi gloriosi di Cristo e illuminati
dallo Spirito di verità (32), godevano (33).
Note: (32) Cf.
Gv 14,26; 16,13. (33) Cf. Gv 2,22; 12,6; da confr. con 14,26;
16,12-13; 7,39.
(CCC 661) Quest'ultima
tappa rimane strettamente unita alla prima, cioè alla discesa dal cielo
realizzata nell'Incarnazione. Solo colui che è “uscito dal Padre” può far
ritorno al Padre: Cristo [Gv 16,28]. “Nessuno è mai salito al cielo fuorché il
Figlio dell'uomo che è disceso dal cielo” (Gv 3,13; cf. Ef 4,8-10). Lasciata
alle sue forze naturali, l'umanità non ha accesso alla “Casa del Padre” (Gv
14,2), alla vita e alla felicità di Dio. Soltanto Cristo ha potuto aprire
all'uomo questo accesso “per darci la serena fiducia che dove è lui, Capo e
Primogenito, saremo anche noi, sue membra, uniti nella stessa gloria” [Prefazio dell'Ascensione del Signore, I: Messale Romano]. (CCC 662) “Io,
quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me” (Gv 12,32). L'elevazione
sulla croce significa e annunzia l'elevazione dell'ascensione al cielo. Essa ne
è l'inizio. Gesù Cristo, l'unico Sacerdote della nuova ed eterna Alleanza, “non
è entrato in un santuario fatto da mani d'uomo […], ma nel cielo stesso, per
comparire ora al cospetto di Dio in nostro favore” (Eb 9,24). In cielo Cristo
esercita il suo sacerdozio in permanenza, “essendo egli sempre vivo per
intercedere” a favore di “quelli che per mezzo di lui si accostano a Dio” (Eb
7,25). Come “sommo sacerdote dei beni futuri” (Eb 9,11), egli è il centro e
l'attore principale della Liturgia che onora il Padre nei cieli [Ap
4,6-11].