Gualberto Gismondi, 1ª Domenica d’Avvento, Anno A: Risveglia in noi uno spirito vigilante
Cortesi Visitatori e Lettori, da oggi in poi pubblicheremo brevi
omelie di tutte le domeniche e le festività
dell’anno liturgico. Le pubblichiamo al sabato e alle vigilie perché possano
servirsene anche quanti partecipano alle S. Messe vespertine del sabato e/o delle
vigilie.
Sabato 19 e Domenica 20 novembre 2016 abbiamo presentato alcuni
aspetti generali del tempo d’Avvento.
Oggi, 26.11.2016, meditiamo sulla liturgia della 1ª Domenica d’Avvento, anno A.
1ª Domenica d’Avvento, Anno A: Risveglia in noi uno spirito vigilante
L’orazione
iniziale c’introduce al significato della S. Messa con queste parole: “O Dio, Padre misericordioso, che per riunire
i popoli nel tuo regno hai inviato il tuo Figlio unigenito, maestro di verità e
fonte di riconciliazione, risveglia in noi uno
spirito vigilante, perché camminiamo sulle tue vie di libertà e di amore fino a
contemplarti nell’eterna gloria”.
Ascoltiamo la Parola di Dio
(Isaia 2, 1-5)
“1Messaggio che Isaia, figlio di Amoz, ricevette
in visione su Giuda e su Gerusalemme.2Alla fine dei giorni, il monte
del tempio del Signore sarà saldo sulla cima dei monti e s'innalzerà sopra i
colli, e ad esso affluiranno tutte le genti.3Verranno molti popoli e
diranno: «Venite, saliamo sul monte del
Signore, al tempio del Dio di Giacobbe, perché ci insegni le sue vie e possiamo
camminare per i suoi sentieri». Poiché da Sion uscirà la legge e da
Gerusalemme la parola del Signore.4Egli sarà giudice fra le genti e
arbitro fra molti popoli. Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle
loro lance faranno falci; una nazione non alzerà più la spada contro un'altra
nazione, non impareranno più l'arte della guerra.5Casa di Giacobbe, venite, camminiamo nella luce del Signore”.
(Rm 13,11-14)
“11è ormai tempo di svegliarvi dal
sonno, perché la nostra salvezza è più vicina ora di quando diventammo
credenti. 12La notte è avanzata, il giorno è vicino.
Gettiamo via perciò le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce. 13Comportiamoci
onestamente, come in pieno giorno: non in mezzo a gozzoviglie e ubriachezze,
non fra impurità e licenze, non in contese e gelosie. 14Rivestitevi invece del Signore Gesù Cristo e
non seguite la carne nei suoi desideri”.
(Mt 24,
37-44) “37Come furono i giorni di Noè, così sarà
la venuta del Figlio dell'uomo. 38Infatti, come nei giorni che
precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano
marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell'arca, 39e non si
accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la
venuta del Figlio dell'uomo. 40Allora due uomini saranno nel campo:
uno verrà portato via e l'altro lasciato. 41Due donne macineranno
alla mola: una verrà portata via e l'altra lasciata. 42Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il
Signore vostro verrà. 43Cercate di capire questo: se il padrone
di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si
lascerebbe scassinare la casa. 44Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell'ora che non
immaginate, viene il Figlio dell'uomo”.
Meditiamo con lo Spirito Santo
L’invito iniziale: “risveglia
in noi uno spirito vigilante, perché
camminiamo sulle tue vie di libertà e di amore” proviene dal Signore, che ci
esorta a vegliare e vigilare, perché in un giorno e un’ora a noi sconosciuti
Egli verrà per la sua venuta finale.
L’esempio severo di cui si serve, il
diluvio universale ai tempi di Noè, forse c’impressiona, in confronto ai modi dolci e
festosi con i quali è rappresentata la nascita del bambinello Gesù nella povera
grotta di Betlemme. La drammatica immagine del diluvio invita a contemplare, nella
sua concreta grandezza, il mistero della venuta di Cristo. Mistero che inizia nella povertà e umiltà di Betlemme, per concludersi,
alla fine, nella gloria e potenza del Signore Risorto, che giudica i vivi e i
morti, come preghiamo nel “Credo”.
Il compito dell’Avvento, quindi, è di prepararci sia alla prima venuta del
Signore nell’umiltà della sua natura umana, che al suo finale ritorno glorioso
e conclusivo. Nel mistero dell’Incarnazione,
infatti, le due venute sono strettamente connesse.
La parola d’Isaia e quella del
Signore accostano il tempo finale e quello imminente del Natale, per preparaci a
viverli con onestà, rivestendo le virtù e
gli esempi del Signore Gesù, camminando nella sua luce, superando le attrattive
terrene, i desideri mondani e i richiami della carne. Così inteso, il Natale
costituisce sempre una meta radiosa e un cammino impegnativo verso i beni
eterni e l’ingresso definitivo nel Regno
dei cieli.
Vegliare e vigilare, quindi, sono il modo migliore di attendere le
venute e le visite di Cristo, non solo a Natale
e alla fine dei tempi, ma ogni giorno. La visione d’Isaia, del tempio di
Gerusalemme, monte del Signore da cui vengono la Legge, la Parola di Dio e la
pace messianica, nutrì per secoli la speranza e l’attesa dell’antico popolo di
Dio.
Nel Nuovo Testamento, quel tempio rimane soltanto una suggestiva immagine materiale
e terrena del vero Regno dei cieli, regno
della giustizia, santità e pace divina
di Cristo. In tutta la Scrittura, la pace divina è sempre dono e frutto del Regno di Dio. Le splendide visioni profetiche
non si realizzarono mai in modi terreni visibili, poiché sono solo immagini e
racconti idealizzati delle opere reali compiute pienamente dal Signore Gesù
Cristo e dal suo Santo Spirito nelle loro venute fra noi.
Entrambi, mediante la Chiesa, operano nel
mondo prodigi di giustizia, santità, amore, perdono,
riconciliazione e salvezza offerti a tutti. La Lettera ai Romani li definisce: “luce del giorno che disperde le tenebre della notte” o
semplicemente: “opere della luce”.
Esse sono: amare Dio, amare il prossimo, pregare, perdonare,
servire, riconciliarsi, condividere.
Il pieno giorno è la vita eterna che ci è stata donata e con la quale sconfiggiamo
le opere delle tenebre: gozzoviglie,
ubriachezze, impurità, contese, gelosie, invidie ecc.
Guardare la luce
del Natale significa guardare in alto, dove è e da dove viene il Signore, il Dio della
pace, che porta i suoi doni generosi di salvezza, di amore e di ogni vero bene.
Attendere il Natale è aprirsi alla luce e alla gioia senza fine che conducono
alla beatitudine e alla gloria.
Anche i nomi del Signore, in lingua
ebraica, esprimono le più affascinanti promesse. Emmanuel significa: Dio
è e sarà sempre Dio con noi.
Gesù significa: Dio salva, Dio è salvezza.
Preghiamo con la Liturgia e la Chiesa
Nella liturgia di questa domenica, le preghiere più
importanti sono piene di gioia e di speranza. Ci esortano a implorare il Padre
perché la sua grazia muova la nostra volontà ad andare incontro al suo Figlio
con le buone opere che c’introducono nel suo Regno, accanto a lui nella gloria.
Rendiamo nostra questa splendida preghiera: “O Dio, nostro Padre, suscita in noi la volontà di andare incontro con
le buone opere al tuo Cristo che viene, perché egli ci chiami accanto a sé
nella gloria a possedere il Regno dei Cieli”.
La preghiera sulle offerte, invece, c’insegna a dedicare
al Signore i doni della sua benevolenza che Egli ci dà come pegno della nostra salvezza.
Diciamo anche noi con la Chiesa: “Accogli
Signore, il pane e il vino, dono della tua benevolenza, e fa che l’umile
espressione della nostra fede sia per noi pegno di salvezza eterna”.
Infine, poiché il massimo dono del Signore è l’Eucaristia, ringraziamolo, invocando con
tutta la Chiesa: “La partecipazione a
questo sacramento, che a noi pellegrini sulla terra rivela il senso cristiano
della vita, ci sostenga Signore, nel nostro cammino e ci guidi ai beni eterni”.
Gualberto
Gismondi ofm.