Es 20, 18-20 Non abbiate timore: Dio è venuto

(Es 20, 18-20) Non abbiate timore: Dio è venuto
[18] Tutto il popolo percepiva i tuoni e i lampi, il suono del corno e il monte fumante. Il popolo vide, fu preso da tremore e si tenne lontano. [19] Allora dissero a Mosè: "Parla tu a noi e noi ascolteremo, ma non ci parli Dio, altrimenti moriremo!". [20] Mosè disse al popolo: "Non abbiate timore: Dio è venuto per mettervi alla prova e perché il suo timore vi sia sempre presente e non pecchiate".
(CCC 1849) Il peccato è una mancanza contro la ragione, la verità, la retta coscienza; è una trasgressione in ordine all'amore vero, verso Dio e verso il prossimo, a causa di un perverso attaccamento a certi beni. Esso ferisce la natura dell'uomo e attenta alla solidarietà umana. E' stato definito “una parola, un atto o un desiderio contrari alla legge eterna” [Sant'Agostino, Contra Faustum manichaeum, 22, 27: (PL 42, 418); San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, I-II, 71, 6]. (CCC 1850) Il peccato è un'offesa a Dio: “Contro di te, contro te solo ho peccato. Quello che è male ai tuoi occhi, io l'ho fatto” (Sal 51,6). Il peccato si erge contro l'amore di Dio per noi e allontana da lui i nostri cuori. Come il primo peccato, è una disobbedienza, una ribellione contro Dio, a causa della volontà di diventare “come Dio” (Gen 3,5), conoscendo e determinando il bene e il male. Il peccato pertanto è “amore di sé fino al disprezzo di Dio” [Sant'Agostino, De civitate Dei, 14, 28: (PL 41, 436)]. Per tale orgogliosa esaltazione di sé, il peccato è diametralmente opposto all'obbedienza di Gesù, che realizza la salvezza [Fil 2,6-9].

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