368. Quando l'atto è moralmente buono?
368. Quando l'atto è moralmente buono?
(Comp 368) L'atto è moralmente buono quando suppone ad un tempo la bontà dell'oggetto, del fine e delle circostanze. L'oggetto scelto può da solo viziare tutta un'azione, anche se l'intenzione è buona. Non è lecito compiere il male perché ne derivi un bene. Un fine cattivo può corrompere l'azione, anche se il suo oggetto, in sé, è buono. Invece un fine buono non rende buono un comportamento che per il suo oggetto è cattivo, in quanto il fine non giustifica i mezzi. Le circostanze possono attenuare o aumentare la responsabilità di chi agisce, ma non possono modificare la qualità morale degli atti stessi, non rendono mai buona un'azione in sé cattiva.
“In Sintesi”
(CCC 1759) “Non può essere giustificata un'azione cattiva compiuta con una buona intenzione” [San Tommaso d'Aquino, In duo praecepta caritatis et in decem Legis praecepta expositio, c. 6]. Il fine non giustifica i mezzi. (CCC 1760) L'atto moralmente buono suppone la bontà dell'oggetto, del fine e delle circostanze.
Approfondimenti e spiegazioni
(CCC 1755) L'atto moralmente buono suppone, ad un tempo, la bontà dell'oggetto, del fine e delle circostanze. Un fine cattivo corrompe l'azione, anche se il suo oggetto, in sé, è buono (come il pregare e il digiunare per essere visti dagli uomini). L'oggetto della scelta può da solo viziare tutta un'azione. Ci sono dei comportamenti concreti - come la fornicazione - che è sempre sbagliato scegliere, perché la loro scelta comporta un disordine della volontà, cioè un male morale.
Per la riflessione